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Maratona di Roma 2012

Ci sono dei segnali che il corpo manda, che il cervello elabora, ma che il cuore non vuole ascoltare.Il mercoledì erano iniziate le prime avvisaglie, mal di gola e raffreddore. Con il passare dei giorni si erano accentuati fino all’esplosione di sabato notte. Non mi era mai capitato di avere così freddo nonostante le numerose coperte che avevo piazzato sopra il letto. Sono andato addirittura a prendere quella che l’albergo mette nell’armadio per casi estremi. Ho passato un sabato notte insonne. In totale sono riuscito a dormire non più di due ore. La mattina mi sono svegliato ed ero come un pugile suonato. Vado alla partenza con gli amici Giovanni F., Giovanni L. e Giuseppe. I due Michele e la Chiara ci hanno preceduto, perché sono impegnati come pace maker. Decido di mettermi una maglietta a maniche corte con sopra la canotta dei Marathon Maniacs. Non fa freddo, però le mie condizioni fisiche non perfette mi rendono poco tranquillo. Si parte, il colpo d’occhio è fantastico 16.000 podisti per la competitiva e circa 100.000 alla stracittadina. Il Colosseo maestoso alle nostre spalle e i Fori Imperiali alla nostra sinistra sono uno spettacolo. Il sole rende ovviamente tutto più bello e brillante. Raggiungo quasi subito i palloncini delle 4:30. In questo gruppo ci sono Michele Jeri e la Chiara. Il raffreddore e molto probabilmente la febbre della notte mi hanno disidratato. Arrivo al primo ristoro del quinto chilometro e sono già in affanno. Bevo un po’ di acqua naturale, che però mi da una controindicazione, la nausea. Da questo momento in poi ho così un altro nemico in più. Intuisco che le gambe non girano, sono come piantato in terra. Stringo i denti e fino al Testaccio riesco a stare in questo gruppo. Poco prima dell’ingresso in via della Conciliazione mollo il colpo. Inizio ad andare di passo nella speranza che la nausea si attenui. Purtroppo non è così, sono completamente demoralizzato. Avrei tanta voglia di ritirarmi. Troppi sono i problemi, dal raffreddore, alla nausea, fino a passare al clima. Arrivano a tratti le nuvole ed inizia a soffiare vento contrario. Il mio abbigliamento sarebbe giusto se corressi, ma andando di passo risulta essere un po’ troppo leggero ed inizio ad avere freddo. Finalmente riesco a riprendere un po’ di morale quando transitiamo all’interno di quello che fu il villaggio olimpico di Roma 1960. Quando ritorniamo sul Lungotevere il vento è fastidiosissimo e non riesco a camminare con un passo svelto. Iniziano i primi problemi con le vesciche, che mi creano problemi di appoggio soprattutto al piede sinistro. Rientriamo in centro e mi godo le bellezze di Roma, forse mai come quest’anno. Quando arrivo sulla salita che da piazza Venezia porta al Campidoglio vengo raggiunto dall’amico e supermaratoneta Gianfranco Toschi. Decidiamo di chiudere la maratona insieme. Dopo la salita del Colosseo iniziamo a correre. E’ da circa 30 chilometri che non lo faccio. Nonostante i dolori ai piedi ci riesco. Chiudiamo con le braccia alzate in 6h 3’ 36” o.t. il mio r.t. è 6h 00’ 22”. Mai così male per il crono ma questo non conta. L’importante è che non ho mollato nonostante tutto. Diciamo che questa è stata la maratona dove ho messo a frutto tutta la mia esperienza. Ho cercato continuamente situazioni, luoghi, oggetti, persone ed altro per distogliere la mente dalle difficoltà oggettive del momento e ci sono riuscito. Comunque ho avuto una conferma, quando non si è in perfette condizioni è meglio non partire come feci a Lucca lo scorso anno.

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